Uscita di Artemisia dalla rete Dire, la nostra posizione

In questi giorni la cosiddetta espulsione dell’associazione Artemisia dalla rete nazionale dei centri antiviolenza Dire sta facendo molto discutere, sollevando una polemica soprattutto mediatica che polarizza le posizioni, alimenta confusione e strumentalizzazioni e che certo non aiuta a capire cosa è accaduto e perché.

Di fatto quella di Artemisia non è un’espulsione ma un atto dovuto. Lo statuto della rete Dire, che Artemisia come socia fondatrice conosce e ha sottoscritto a suo tempo, parla chiaro: le associazioni dei centri antiviolenza possono associare solo donne. Dunque Artemisia è per forza di cose fuori dalla rete Dire. Ma come Casa della donna sappiamo bene, e lo mostra anche la discussione in corso, che la questione non è meramente statutaria ma politica

La questione è in che modo, attraverso quali modalità i centri antiviolenza possano e debbano lavorare con gli uomini. Artemisia pensa che gli uomini debbano partecipare attivamente, come soci delle associazioni, nel lavoro dei centri antiviolenza. 

Ciò significa non solo ‘associarli’ ma progettare e realizzare con loro attività e servizi del centro antiviolenza e financo arrivare al punto che un uomo un giorno possa diventare presidente dell'associazione Artemisia. Perchè se gli uomini possono associarsi, possono quindi anche essere eletti a dirigere l’associazione e il centro antiviolenza.

Come Casa della donna abbiamo affrontato questa questione anni fa, con la riforma del terzo settore e l’obbligatoria revisione dello statuto. In quell’occasione abbiamo discusso e riflettuto a lungo, arrivando alla conclusione che il nostro pensare e agire come femministe, come attiviste e operatrici femministe del centro antiviolenza si fonda sulla relazione tra donne e che il separatismo sia una necessaria condizione politica

Del resto lo spazio separato, tra donne ce lo chiedono le stesse sopravvissute alla violenza che accogliamo quotidianamente. Lo richiedono l’Intesa Stato-Regioni, che definisce i requisiti dei centri antiviolenza e delle case rifugio, e le normative internazionali, come la convenzione di Istanbul.

Tuttavia crediamo che oggi più che mai sia necessario costruire e praticare un’alleanza con gli uomini che segni un cammino condiviso a partire dalle proprie soggettività, dai propri vissuti e percorsi di consapevolezza e pratica politica. 

Per noi la questione non è associare singoli uomini ma come lavorare con gruppi di uomini e insieme costruire nuovi modelli di genere, avviare lotte e strategie comuni contro il sistema patriarcale e la violenza maschile sulle donne.

A questo proposito crediamo sia fondamentale l’esperienza che stiamo maturando da tempo, così come altri centri antiviolenza, con i centri per uomini maltrattanti, ma anche con realtà come Maschile Plurale che da anni porta avanti percorsi di consapevolezza maschile proprio a partire dal confronto con il pensiero e il movimento femminista. Non solo. Crediamo sia fondamentale il lavoro che da tempo compiamo sul territorio e nelle scuole insieme alle associazioni Lgbtq e alla rete Educare alle Differenze

Ecco sono questi i cammini che vogliamo continuare a percorrere e costruire per arrivare un giorno a non dover più pensare a centri antiviolenza, con o senza uomini, ma finalmente vivere in una società libera dalla violenza maschile, libera dal patriarcato.

Salutiamo dunque Artemisia con un lonziano “vai pure”, scritto lo sappiamo in altro contesto, ma che in qualche modo ci aiuta a segnare una separazione che, benché ci riempia di tristezza e amarezza, sappiamo che alla fine ci farà bene, farà bene a tutte noi

Una separazione che però non lascia solo tristezza e amarezza. Rimane infatti la consapevolezza di aver compiuto insieme un lungo e importante percorso e con la consapevolezza rimane la gratitudine. Gratitudine per le altre, come il femminismo ci ha insegnato.

 

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