Nella nostra città ieri è accaduto un fatto gravissimo che ci colpisce profondamente e ci riempie di tristezza e rabbia: Samantha Del Gratta è stata uccisa a colpi di pistola dal suo compagno Alessandro Gazzoli che poi si è ucciso.
Un femminicidio che vede, come purtroppo accadde sempre più spesso, la dinamica dell'omicidio-suicidio: lui la uccide e poi si uccide. Una dinamica che, lo sappiamo bene, porta frequentemente stampa e opinione pubblica a trovare giustificazioni, ad assumere la prospettiva dell'omicida, addirittura a considerare entrambe vittime di una 'follia'.
Questa narrazione è già iniziata: stamani sui giornali si parla dell'omicida come di un uomo bravo e socievole e la coppia una "bella coppia", unita e riservata, "stavano insieme da sempre"...
Non è così. Non è una "tragedia familiare", un gesto di 'follia' o di 'amore disperato', un 'raptus di gelosia'. E' un femminicidio le cui radici più profonde le conosciamo: una struttura sociale e culturale che educa e legittima gli uomini a esercitare possesso e controllo sulle donne, a negare il loro diritto alla libertà.
Lo ripeteremo sempre: il femminicidio è solo la punta dell'iceberg della violenza maschile contro le donne e le forme di questa violenza sono molteplici, pervasive, presenti in ogni ambito della nostra società senza distinzione di età, provenienza geografica e status sociale.
Non solo. Gran parte dei femminicidi si consumano in ambito familiare, tra le mura domestiche, spesso nel silenzio. Dalle prime informazioni che abbiamo sembra che Samantha non si fosse mai rivolta alle forze dell'ordine. Viveva, dunque, la violenza del compagno in solitudine, da sola cercava di gestire quella violenza e il rischio a cui si stava esponendo.
Ma qualche segnale d'allarme cominciava ad esserci: lui era in ferie forzate e recentemente le liti erano sempre più frequenti ma, come spesso accade, venivano considerate 'normali' perchè si scambia per un 'normale' conflitto di coppia ciò che invece sono atti di abuso, potere e controllo.
Il profilo dell'omicida di Samantha è un altro aspetto che merita attenzione e che purtroppo ritorna quando si parla di violenza sulle donne: maschio, bianco, di mezza età, istruito, occupato.
In questo caso il femminicida non solo era occupato ma era impiegato come guardia giurata e per via del suo lavoro era armato, era un 'regolare' possessore di pistola. Come è possibile che chi possiede una pistola per lavoro, perchè "addetto alla sicurezza" non sia sottoposto ad attente e periodiche valutazioni piscologiche?
Noi seguiremo molto da vicino la vicenda, la sua narrazione e i suoi risvolti, perchè il femminicidio di Samantha ci interroga tutte e tutti, ci chiama alla responsabilità e all'impegno quotidiano oggi più che mai.
Ciò che dobbiamo fare, tutte e tutti insieme, lo sappiamo: potenziare i centri antiviolenza e la rete sul territorio e promuovere un lavoro costante, capillare a scuola, sui luoghi di lavoro, sulla stampa e i social media di decostruzione degli stereotipi di genere, di educazione affettiva ed emozionale, di formazione a chi si occupa di giustizia e sicurezza, di contrasto a tutto ciò che limita, condiziona la libertà e il diritto delle donne all'autodeterminazione.
Perchè nessuna sia sola. Ci vogliamo vive.
Stasera saremo alla fiaccolata in piazza di Sant'Ermete. Per Samantha, per tutte.