La Casa della donna sottoscrive la Lettera aperta sul convegno “Relazioni familiari, bene comune” redatta da NUDM Pisa

Siamo incredule e preoccupate per la notizia del convegno organizzato dall'associazione Mantenimento diretto che si terrà alla Officine Garibaldi questo sabato, e dall'apprendere che questo sia patrocinato dal Comune e dalla Regione. Oltre a questo evento, siamo venute a conoscenza della proiezione di un film chiaramente antiabortista al cinema Odeon, che andrà in onda la sera precedente, e la concomitanza dei due eventi non ci sorprende. Ci preoccupa molto che sul territorio, così come in altre parti del mondo, gli attacchi del patriarcato siano molteplici e spesso avallati dalle istituzioni.

Per questo abbiamo deciso di sottoscrivere la Lettera aperta redatta da NUDM Pisa e di partecipare alle contestazioni che si terranno questo venerdì sera (20 maggio, ore 20:15 davanti all'Odeon) e sabato mattina (21 maggio, ore 9:00 alle Officine Garibaldi). Vi invitiamo a partecipare con noi poiché riteniamo che questi eventi minino i diritti delle donne e siamo consapevoli che anche la lotta per i diritti conquistati deve essere continua e ostinata.

Qui i dettagli dell'evento: "Smascheriamo il patriarcato!".

Qui sotto la Lettera aperta che abbiamo sottoscritto:

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All'attenzione del Comune di Pisa, della Regione Toscana, dell’Ordine degli Avvocati di Pisa, e della cittadinanza tutta,

Apprendiamo con enorme preoccupazione e rabbia la notizia del convegno “Relazioni familiari, bene comune”, che si terrà il 21 maggio a Pisa presso le Officine Garibaldi. Il convegno è organizzato dall'associazione “Mantenimento Diretto-Movimento per l’uguaglianza genitoriale”, che ha promosso a gran voce qualche anno fa il c.d. “d.d.l. Pillon”.
Ci ricordiamo molto bene cosa prevedeva la proposta di legge: il mantenimento diretto a scapito dell’assegno di mantenimento, la bigenitorialità come rigida regola, l’introduzione della mediazione familiare obbligatoria, misure che andavano esattamente nella direzione di punire le donne per la loro posizione di presunto privilegio rispetto ai padri. Non venivano prese in considerazione le condizioni di disparità economica in cui vivono le donne nel nostro paese, né il fatto che si fanno carico tuttora della gran parte del lavoro di cura dei figli e affrontano un mercato del lavoro che le esclude e le discrimina.

Lo stesso senatore leghista Simone Pillon ha presentato il 4 maggio di quest’anno una proposta molto simile a quella del 2018, che era stata efficacemente contrastata dal movimento femminista, dai centri antiviolenza e da giuristi e psicologi, che hanno denunciato come la proposta fosse ritorsiva nei confronti delle donne che si separano, penalizzasse le donne che fuoriescono da situazioni di violenza domestica e non tutelasse i minori, non valutando in concreto il loro interesse.

Tali tentativi si iscrivono nel contesto globale di violento attacco ai diritti delle donne. La Turchia pochi anni fa ha approvato una legge che permette i matrimoni precoci e la scorsa estate è uscita dalla convenzione di Istanbul. Nei paesi dell’Europa orientale vengono emanate leggi contro le persone lgbtqia+. In Polonia il diritto all’aborto è negato, e questa violenza si sta ripercuotendo anche sulle donne migranti vittime di stupro nella guerra in Ucraiana. Negli Stati Uniti si ripetono i tentativi di eliminare il diritto all’Interruzione Volontaria di Gravidanza. L’attacco della destra conservatrice ultracattolica è organizzato a livello globale e sostenuto da lobby facoltose e attente a manipolare l'opinione pubblica.

L’approvazione del d.d.l. 735, presentato il 4 maggio 2022 da Pillon, produrrebbe una equivalenza fra bigenitorialità (imposta) e interesse del minore, minando l’autodeterminazione della madre nel poter decidere di denunciare violenze o di ricorrere alla separazione. Tale apparato giuridico renderebbe ancora più difficile rendere visibile la violenza domestica e consoliderebbe le relazioni oppressive all’interno dei rapporti familiari, senza tener conto che è interesse del minore quello di avere una madre non soggetta a violenza, non oppressa, che possa autodeterminarsi, e, prima ancora, che rimanga viva.

La mediazione familiare obbligatoria che viene prevista anche nei casi di violenza è in pieno contrasto con la Convenzione di Istanbul. La previsione che il giudice possa adottare un ordine di protezione contro un genitore “nell’interesse del minore” se, pur in assenza di evidenti condotte di tale genitore, il figlio avesse manifestato comunque rifiuto, alienazione o estraniazione verso l’altro genitore, è chiaramente basata sul riconoscimento della PAS (sindrome da alienazione parentale). L’uso strumentale di questa presunta sindrome non è fondato su parametri scientifici ed è stato criticato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 9691 del 24 marzo scorso (caso Laura Massaro). Tale sindrome non è riconosciuta dalla comunità scientifica e stigmatizza le donne che denunciano le violenze subite dal marito, che sempre più spesso vengono allontanate dai figli perché ritenute inadeguate a garantirne la serenità proiettando su di loro la paura e il risentimento verso il partner.

L’associazione Mantenimento Diretto supporta e fa comunicazione sulla presunta Sindrome di Alienazione Parentale: https://www.mantenimentodiretto.info/comunicazione/

L’idea di famiglia e benessere del minore portata avanti dalle voci che avranno spazio al convegno é misogina, estremamente violenta, e radicata nelle lobby conservatrici che supportano i disegni di legge Pillon. Tra i molti nomi presenti ci sono giudici che hanno emesso sentenze di bigenitorialità in stile Pillon, psicologi e accademici sostenitori della PAS, e persone direttamente coinvolte nella scrittura del ddl Pillon edizione 2018.

Il d.d.l. Pillon è stato respinto una volta e lo sarà di nuovo: era ed è una proposta intrisa di violenza e di oppressione. L’impianto giuridico propugnato espone i minori a ulteriori traumi e pericoli; colpevolizza le donne che si ribellano spingendole a non denunciare e a non separarsi; approfondisce la vittimizzazione secondaria delle donne nei tribunali, luoghi sempre più ostili alle donne.

Le norme già in vigore ci sono, ma quanto sono applicate nella violenza di genere? Ogni giorno nei tribunali civili, penali e per i minori, constatiamo che la violenza viene riconosciuta solo parzialmente, in evidente spregio all’art. 31 della Convenzione di Istanbul. Anzi spesso assistiamo a quella che chiamiamo violenza istituzionale:

“Quando sono presenti stereotipi molto radicati, la violenza contro le donne non viene riconosciuta. La storia della violenza di genere, all’interno dei tribunali, è anche questo: è la storia di un non vedere, un non sentire, un non riconoscere. E' anche la storia di una ricerca lessicale, molto faticosa, per non nominare la violenza, per trovare «parole altre» che spesso determinano una perdita di significato delle singole vicende: ecco che, dunque, la violenza diviene conflitto, la sindrome di alienazione parentale diventa violazione del diritto all’accesso, le madri, inizialmente qualificate come«alienanti», oggi sono definite «simbiotiche», la bigenitorialità cessa di essere un diritto del minore–e come tale concorrente con tutti gli altri diritti che lo riguardano come salute, cura, sicurezza–per assurgere a diritto assoluto della sfera adulta.” (Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere - Doc. XXII bis n.10 del 20 aprile 2022)

Riteniamo inaccettabile che un simile “convegno”, che fonda la propria diffusione di conoscenze e pratiche su tali presupposti ideologici e giuridici, riceva l'avallo della Regione Toscana, del Comune di Pisa e dell’Ordine degli Avvocati.

Chiediamo che l’Ordine degli Avvocati non accrediti tale incontro come formazione per avvocati, anche in quanto rischia di promuovere interpretazioni del diritto esistente contrarie al diritto internazionale e alle carte dei diritti.

Nei tribunali si deve applicare un diritto che faciliti l’emersione in giudizio della violenza subita nelle relazioni familiari, che non preveda la mediazione nei casi di violenza, che eviti incontri protetti in cui la madre sia costretta a vedere il padre, che permetta di valutare il rischio per la salute e l’incolumità della madre e dei minori rispetto alle scelte relative all’affidamento. Si deve garantire autonomia e indipendenza economica all’interno e all’esterno della famiglia.

Nella convinzione che il percorso da intraprendere sia questo, di segno radicalmente opposto a quello del “convegno”, saremo in presidio il 21 maggio a Pisa dalle ore 9:00.

NON UNA DI MENO PISA, AIED, CASA DELLA DONNA

 

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