Anche la scuola non è luogo immune dalla violenza. A proposito della vicenda dell’Istituto Russoli

Interveniamo nel dibattito pubblico che accompagna la denuncia delle molestie da parte di alcune ragazze del Liceo artistico Russoli, sostenuta da Non una di meno, dopo alcuni giorni di elaborazione interna.

Il primo pensiero va alla forza e alla determinazione delle ragazze che hanno avuto la capacità di riconoscere le situazioni di abuso e di ambiguità vissute, di elaborarle collettivamente in gruppi di pari e di restituirle, con enorme coraggio, alla cittadinanza, esponendosi in prima persona, senza pensare alle conseguenze anche personali del loro agire. Partendo dalla propria esperienza hanno denunciato pubblicamente che anche la scuola non è un luogo immune dalla violenza e dalla molestie.

La nostra totale solidarietà e sostegno, la gratitudine per aver inaugurato un percorso che speriamo diventi di dialogo, di riflessione e di cambiamento radicale della scuola.

Non dobbiamo avere paura, come comunità educante, di farci profonde domande su cosa succeda a scuola, di scoperchiare la pentola che sobbolle: il sistema di istruzione non è fuori dal mondo, e di questo riporta al suo interno le dinamiche, i vincoli e le asimmetrie di potere che viviamo quotidianamente.

Certo, fa tremare pensare che proprio il luogo principe dell'educazione non sia estraneo alle dinamiche di potere. Ma la violenza è un sistema culturale che ci viene tramandato di generazione in generazione, permea tutti i luoghi e gli strati della società e  spesso anche il pensiero di tutti/e. Il grido di denuncia delle ragazze, la loro rabbia, svela ciò che è più difficile vedere e di fronte a cui non si può far finta di niente. Diventa quindi urgente aprire una riflessione negli istituti scolastici di tutti i gradi.

Ci troviamo di fronte a un bivio: possiamo agire per spostamento, concentrarci sui metodi della protesta e sulla ricerca di una verità giuridica, di prove e colpevoli, processare le coraggiose testimoni dell’omertà di un sistema violento, quello patriarcale, che ovunque agisce, dichiarare (forse in buona fede) la nostra estraneità; oppure accogliere una dolorosa realtà e interrogarci sul ruolo della scuola, sul nostro ruolo di educatori ed educatrici, che è centrale nella prevenzione della violenza di genere e nella costruzione di una società dai larghi orizzonti, a misura di donne e uomini, ragazze e ragazzi. Perché la violenza ci riguarda come società, anche quando non siamo direttamente interpellate/i o coinvolti/e.

Come associazione che lavora da anni sulla prevenzione della violenza di genere, auspichiamo che si intraprenda questa seconda strada e che ogni scuola di Pisa, sollecitata dai contenuti di questa giusta ribellione, individui la necessità di un lavoro profondo con le dirigenze, il corpo docente, il personale tecnico amministrativo e ausiliario.

Come Casa della donna ci mettiamo a disposizione per collaborare, attraverso i nostri  strumenti consolidati in anni di lavoro in merito: perché per contrastare la violenza è necessario mettersi in gioco, imparare a riconoscerla e individuarla come sistema occulto che agisce nella quotidianità, a volte in maniera subdola, ricordando che la cultura patriarcale si annida anche nella tolleranza di parole e gesti ritenuti magari inappropriati o poco idonei, ma non individuati come violenza.

Perché per essere dalla parte di ragazze e ragazzi è prima di tutto necessario abbassare le difese, ripartire da un lavoro su di sé ed accogliere questo grido di protesta come occasione per intraprendere percorsi di conoscenza e consapevolezza di come agiscono, anche a livello personale, i meccanismi della violenza di genere. E la scuola non può esimersi dal farlo.

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